Questa è
l'essenza del calcio, e devo dire che mi dà un certo piacere
scarnificare così all'osso uno sport, così caricato di simboli e
rappresentazioni nella sua versione professionistica. Vuol dire
riportarlo a essere un gioco, un gioco bellissimo per quanto mi
riguarda.
E allora puoi
realmente osservare cosa ti obbliga a fare il calcio. Ti chiede di
muoverti, di correre per lo più, per attaccare e difendere, ma allo
stesso tempo di far correre la palla, in modo preciso, verso un
compagno e verso la porta. Devi fare fatica per spostarti rapidamente
e cambiare continuamente direzione, stare attento alla posizione dei
compagni e degli avversari e far passare la palla dove l'avversario
non può arrivare. Resistenza alla fatica, precisione, attenzione
agli altri, velocità, imprevedibilità, a cui si aggiunge la potenza
per quanto riguarda il tiro verso la porta e i contrasti tra
giocatori di opposte squadre. Sono queste sei, ritengo, le abilità
principali che il calcio richiede e sono anche molto diverse tra
loro.
Per fortuna
possono essere distribuite tra i vari giocatori di una squadra e
anche i ruoli ne richiedono di diverse. Chi è molto bravo le
possiede tutte più o meno allo stesso livello, ma, per l'appunto, ci
riescono in pochi. Tutti però devono svilupparle e allenarle tutte per poter utilizzare l'abilità adeguata ad una certa situazione di gioco: per spazzare in difesa non serve la precisione ma vengono utili velocità e attenzione agli altri; per fare un assist la precisione è invece necessaria come per tirare da lontano serve la potenza e per intercettare tanti palloni bisogna essere resistenti.
Penso sia un
esercizio utile quello di osservare uno sport dalla prospettiva delle
regole che impone e delle abilità che richiede. Serve a sganciarsi
dallo sguardo a volte soffocante delle tecniche e delle tattiche e a
ridare alla disciplina sportiva la sua veste di disciplina,
parola tabù ormai in quanto sinonimo di pratica rigida imposta da
altri e slegata putrtoppo dal senso. Se il senso del calcio è diventare veloci, precisi, resistenti e potenti restando in relazione agli altri allora non è fondamentale mandare a memoria certi schemi ma trovare gli esercizi giusti perchè i giocatori diventino veloci, precisi, relazionali... Questo è educativo, a mio avviso, perché vuol dire far crescere i ragazzi.
Parlare di abilità
permette di ricollocare lo sport nel mondo e di ridargli il suo senso
educativo in quanto le abilità che si imparano nello sport si possono trasferire
in altri ambiti adeguandole ai nuovi contesti. Alcuni educatori di servizi educativi lo fanno e riescono a restituire fiducia a ragazzi che da altre esperienze educative, come quelle scolastiche, avevano avuto solo ritorni fallimentari. Gli allenatori delle società sportive sanno di avere queste potenzialità tra le mani? Penso che a molti sfuggano, presi come sono dalla ricerca del campione e della vittoria.
Bisogna andare a
scovare le abilità cui lo sport allena e creare consapevolezza nei ragazzi che certe abilità le posseggono. Penso sia un bell'obiettivo per un allenatore, interessante quanto se non più che insegnare lo stop o il dribbling. Così per i ragazzi diventa più semplice provare a trasferirle anche al di fuori dello sport.