lunedì

DI CHI E' LA LEADERSHIP DI UNA SQUADRA?



In uno spezzone del film Affrontando i giganti, proiettato durante una recente formazione per allenatori condotta dal sottoscritto e da Christian Sarno, si vede un coach di una squadra giovanile di football alle prese con la mancanza di motivazione della squadra. L'allenatore decide di prendere da parte il giocatore più carismatico, reo di aver mostrato poca convinzione in vista della sfida con la capoclassifica, e gli chiede di avanzare a carponi, con un compagno sulle spalle, fino a metà campo.

“Prometti di darmi il tuo meglio?” gli chiede il coach, “Si va bene” risponde ancora poco convinto il ragazzo. “Però dovrai farlo bendato, così non mollerai quando potrai andare più lontano”. Risultato: in un crescendo di esortazioni e grida dell'allenatore (nonché musicale) il ragazzo non solo supera la metà ma arriva addirittura in fondo al campo, con tutti i compagni in piedi a guardare stupiti. Commento dell'allenatore all'atleta vittorioso ma stremato dalla fatica: “Broke, Dio ti ha donato questa straordinaria capacità di leadership, non la sprecare, se accetti tu per primo la sconfitta lo stesso faranno gli altri. Posso contare su di te?” a cui segue un cenno di assenso del giocatore sfinito.

Dopo la proiezione gli allenatori del corso si lasciano andare a commenti di consenso entusiastico alla modalità scelta dal coach, e in effetti il film fa di tutto per far condividere allo spettatore la convinzione e la carica che si vedono in scena.
Perché però la modalità di questo allenatore, così carismatico, mi lascia tanto perplesso?
La questione è quella della leadership, come dice il coach rivolgendosi al suo pupillo mostrandogli le responsabilità che questa comporta. Ma di cosa gli sta parlando? Del suo talento o del suo carisma nei confronti del gruppo? Probabilmente di entrambe le cose, visto che sceglie di fargli fare un esercizio molto difficile davanti alla squadra intera.
Allora penso sia una bella fregatura essere leader, fai più fatica degli altri e in più se fallisci,  cosa tutt'altro che improbabile, sei responsabile di aver dato un messaggio negativo alla squadra. Mi sembra il modo migliore per far fuori un giocatore talentuoso e carismatico. Dopo di che,  con questa logica, sotto un altro capace di prendersi le responsabilità del leader. Che poi, per come è posta la questione, sono quelle di tutta la squadra. Forse bisogna iniziare a usare i giusti nomi e chiamare questo tipo di leader parafulmine e l'operazione fatta dell'allenatore che lo grava di questi carichi un classico scaricabarile.

Sì perché se c'è qualcuno a cui spettano le responsabilità della squadra, non quelle di tutti i singoli ma della squadra nel suo insieme, è proprio l'allenatore. E non soltanto per ciò che riguarda il gioco di squadra e la tattica, ma soprattutto per ciò che ha a che fare con il crescere insieme, che è forse l'aspetto più ostico per un gruppo, soprattutto quando i valori sono eterogenei.  Crescere tecnicamente, atleticamente ed emotivamente. Una squadra, soprattutto di adolescenti e giovani come quella del film, è una miniera di capacità tecniche, forza fisica e sentimenti,  si tratta di estrarre  queste risorse da alcuni giocatori e metterle a disposizione di altri. I leader però, a differenza del film, sono tanti  e soprattutto non sono soltanto i talentuosi e i carismatici!
E’ praticamente impossibile che un giocatore non abbia qualcosa da mettere a disposizione della squadra per farla crescere. Sei leader ogni volta che hai delle qualità e le mostri ai tuoi compagni perché possano imparare qualcosa da quelle. Sta all'allenatore, a patto che sia disposto a riconoscere la propria responsabilità, individuare cosa ogni giocatore può offrire e far emergere le leadership diffuse.
La leadership dell’allenatore è legata al suo ruolo di maestro di tecnica, fisicità ed emotività, le tre dimensioni fondamentali dello sport, e lo strumento pedagogico più forte che ha a disposizione è proprio l’osservazione e la messa in circolo delle competenze del gruppo. Nello sport si insegna mostrando e facendo, oppure facendo e mostrando, per farlo bisogna saper osservare con attenzione i ragazzi in azione e inventare attività ad hoc. Modalità molto pratiche e molto fisiche, altro che lavagne e pistolotti motivazionali.
Alla fin fine l’allenatore del film non andava poi così male, se solo non avesse messo tutta quell’enfasi sulla questione della leadership di quell’atleta caricandolo di responsabilità esagerate, era un allenatore che faceva e mostrava.
Come mi diceva una madre alla fine del percorso formativo cui accennavo sopra che coinvolgeva anche i genitori: “E’ facile allenare i ragazzi già forti, il bravo allenatore è quello che fa migliorare anche i più scarsi”. Aggiungo io: "e che non logora i più bravi".

2 commenti:

  1. Interessante l'idea di utilizzare spezzoni di film per parlare di tematiche pedagogiche nello sport. In fondo entrambi (cinema e sport) sono fortemente evocativi.
    Concordo sulla premessa del buon allenatore ma voglio rilanciare: quando lo possiamo considerare un ottimo educatore e maestro?
    Secondo me quando è in grado di osservare, rilevare e restiturire cambiamenti che vanno oltre quelli tecnici e atletici.

    RispondiElimina
  2. Che tipo di cambiamenti intendi Luke? Perché se l'allenatore deve occuparsi di ogni aspetto della vita di un atleta rischia di diventare un personale trainer-counsellor. ..


    RispondiElimina