Ogni mese il gruppo Facebook "Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti" (link del gruppo) propone un tema, una riflessione educativa, alla quale partecipare con un proprio contributo scritto. Una volta raccolti, quest'ultimi vengono ospitati e divulgati dal circuito blogger di Snodi Pedagogici http://snodipedagogici.wix.com/onweb
Qualche
giorno fa ho chiesto ad un collega se se la sentiva di scrivere
qualcosa riguardo alla pedagogia e alla politica per partecipare al
nostro “blogging day”. Dopo aver voluto sapere a riguardo, mi
sorride un po' dubbioso e mi dice “c'entra un po' poco la pedagogia
con la politica o per lo meno poco dovrebbe entrarci”.
Sono maggiorenne nell’ambito dell’esperienza come educatore(anzi forse anche ventenne, considerati i lavori “stagionali” durante l’Università). Ho avuto l’occasione e anche la voglia di sperimentare più ambiti, dalla disabilità, al disagio giovanile, alla progettazione con e per gli anziani fino a giungere ai bambini e alle bambine dell’asilo nido…questo credo sia il mio “nido” professionale preferito.
Ma, intorno ad esso mi piace offrire l’esperienza genitoriale mia e la professionalità acquisita durante la mia formazione, molto legata alla conoscenza emotiva e al dialogo, sia ai genitori sia agli educatori.
Principalmente resta questo il mio obiettivo grande; poter formare e fare in modo che questa formazione diventi motivo di “discussione e interrogativi” in chi la affronta con me. Monica D'Alessandro @mokidale
http://trafantasiapensieroazione.wordpress.com/
Tutti i contributi su #pedagogiaepolitica verranno raccolti qui. http://snodipedagogici.wix.com/onweb
I blog che partecipano:
Il Piccolo Doge Ponti e Derive La Bottega della Pedagogista Allenareducare Nessi Pedagogici E di Educazione BivioPedagogico InDialogo LabirintiPedagogici Trafantasiapensieroazione
Il tema del mese di marzo: pedagogia e politica
"La cura della polis attraverso le pratiche di accudimento sociali. Una dimensione politica dell'educazione che esiste, anche se il termine politica, oggi si confonde troppo spesso con "partito" e può spaventare. Politica ed educazione, invece: due facce della stessa medaglia. Perché se le pratiche educative non diventano cura dei territori e costruzioni di reti di significati sociali, l'educazione perde in partenza la sua sfida. Un'educazione che non ha bisogno dell'aggettivo "civica" per essere sostanziata. Perché educare è già un atto civico. L'educazione tras-forma l'umanità in cittadinanza".
Un tema che va oltre le classiche figure educative e che contempla chi nella società cresce, vive e in questa vede un'occasione da lasciare come eredità alle nuove generazioni.
Inoltre, Snodi Pedagogici, tiene a precisare che il percorso dei blogging day non è casuale, ma facente parte di un progetto culturale più ampio. Quest'ultimo si sta lentamente concretizzando e appena avremo alcune conferme ne daremo l'annuncio, chiedendo a chi ha partecipato fin dal primo se è d'accordo a prendervi parte.
Buona lettura.
#PEDAGOGIAEPOLITICA – Mi dicono: "c'entra poco la pedagogia con la politica , di Monica Lina D'Alessandro
Ci
ho pensato e dopo qualche giorno sto provando a esprimere quanto
quella frase mi ha provocato; e provo a farlo senza giudizio,
elencando solo ricordi e ponendo magari qualche domanda. Non ve la
voglio fare lunga, ma si sono mischiate le esperienze più recenti
con quelle più lontane nel tempo; il denominatore comune, come gli
interventi politici potessero o no far “resistere o morire”
alcuni progetti educativi. Insomma quanto le risorse, amministrate
dalla polis e da chi questa governa, possano determinare e
coinvolgere o “sconvolgere” la vita, i bisogni e le aspettative
di chi ne usufruisce.
Ho
pensato a quando recentemente mi sono trovata a sentire la fatica del
“poter e dover riuscire” nella gestione educativa di un servizio
per la prima infanzia, pensare in termini pedagogici con la famiglia,
quanto sia importante il tempo passato con i più piccoli e di
come questo tempo debba essere ritagliato dai più grandi, a volte
con qualche sacrifico; insomma se l'orario dell'asilo nido è stato
stabilito dal regolamento comunale, da tempo, che termina alle 18,
perché io genitore ho la necessità “quasi imprescindibile” di
chiedere un prolungamento d'orario al fine di “stare tranquillo,
poiché così mio figlio o mia figlia, sta con la solita persona e
non “viene sballottato da nonni, parenti, etc, nella fortunata
ipotesi in cui siano presenti”? Se poi davvero questo
accade...perché un educatore, in qualunque servizio lavori non può
stare lì 12 ore...e io, comune, attraverso chi gestisce l'asilo
prolungo l'orario, c'è la flessibilità oraria del lavoratore, da
entrambe le parti mi viene da suggerire, dunque la soluzione si
trova. E perdonate, un po' “in barba” al lavoro di
accompagnamento educativo sui tempi e la cura famigliare; tanto poi
propongo laboratori al sabato mattina tra genitori e figli...
Ricordo
un'esperienza forte dal punto di vista del coinvolgimento
progettuale; in un piccolo paese del varesotto, in cui ho lavorato
anni fa, era sorta una “ludoteca”; uno spazio per il gioco e
l'aggregazione. Eravamo in tre a lavorare lì, suddivise in turni e
spazi differenti e al nostro fianco alcuni volontari capaci e
ingegnosi. A sostegno un'amministrazione che ogni anno stringeva i
denti e cercava il modo di non “mollare” quel servizio, convinta
di quanto fosse “prevenzione”. Una resistenza che ho scoperto
esserci ancora, dopo oltre otto anni da quando me ne andai per
trasferirmi altrove...e ancora nelle mani di un'amministrazione che
non ha né delegato, né chiuso quanto aveva iniziato. Ora la
ludoteca è più grande in un unico stabile insieme alla biblioteca
comunale. E a fare da educatrice/animatrice una delle bambine che
venivano a giocare.
E
quando termina il tempo da dedicare a una terapia in corso, quando i
20 incontri con lo psicoterapeuta sono finiti, io famiglia cosa
scelgo di fare? Passo ad un altro servizio(e chissà quanta lista
d'attesa devo prevedere perché si attivi al più presto) e così per
i prossimi venti incontri o, decido che sacrifico qualcosa in termini
economici e continuo la terapia di mio figlio, magari con meno
incontri, ma con lo stesso terapeuta con cui ha instaurato un
rapporto di fiducia? Perché forse dopo i venti incontri si “è
guariti”? Questo mi suggerisce l'intervento “legislativo” ed
economico della polis...potrei anche rischiare, e non proseguire “la
cura” e chissà, oltre al disagio, è possibile o no, che ritorni
sulla comunità, in qualche modo, questa “prassi”
mancata...magari sotto forma di comunità di recupero o carcere.
Chissà...
Niente
giudizi ripeto, solo domande. Mi piacerebbe un maggior dialogo tra le
parti questo si, e del resto è auspicabile e doveroso ricercarlo per
il benessere pubblico.
Quietword
Sono maggiorenne nell’ambito dell’esperienza come educatore(anzi forse anche ventenne, considerati i lavori “stagionali” durante l’Università). Ho avuto l’occasione e anche la voglia di sperimentare più ambiti, dalla disabilità, al disagio giovanile, alla progettazione con e per gli anziani fino a giungere ai bambini e alle bambine dell’asilo nido…questo credo sia il mio “nido” professionale preferito.
Ma, intorno ad esso mi piace offrire l’esperienza genitoriale mia e la professionalità acquisita durante la mia formazione, molto legata alla conoscenza emotiva e al dialogo, sia ai genitori sia agli educatori.
Principalmente resta questo il mio obiettivo grande; poter formare e fare in modo che questa formazione diventi motivo di “discussione e interrogativi” in chi la affronta con me. Monica D'Alessandro @mokidale
http://trafantasiapensieroazione.wordpress.com/
Tutti i contributi su #pedagogiaepolitica verranno raccolti qui. http://snodipedagogici.wix.com/onweb
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