BRANO DELL'INTERVISTA A ENZO, ALLENATORE DI UNA SQUADRA DI CALCIO INTERNA A UN'ASSOCIAZIONE CSI DI MILANO
E "Abbiamo ben presente il binomio "vincere o partecipare". Di sicuro noi non vogliamo perderci i pezzi del gruppo. Un anno abbiamo perso tutte le partite, e anche con punteggi pesanti, proprio perché facevamo giocare tutti. L'anno dopo però, quando stavamo vincendo la nostra prima partita, non me la son sentita di rischiare la sconfitta inserendo due nuovi ragazzini. Alla fine della partita loro erano in lacrime e di sicuro quell'episodio mi ha toccato."
BLOG "Beh, immagino avranno giocato nelle partite successive...
E "Si infatti" prosegue Enzo, "anche perché se non vinci mai il gruppo lo perdi lo stesso, per demotivazione.
Io faccio attenzione a equilibrare i "premi", per esempio tendo a rivalutare in allenamento chi è meno bravo e magari viene escluso dalla partita."
Ciao sono un operatore/giocatore di una squadra di Milano, la Locomotiv Primaticcio. Mi è piaciuta molto questa intervista ma sopratutto la condivido e la vivo in prima persona. La mia squadra è allenata da due allenatori che hanno in mente proprio il principio di bilanciare ed equilibrare il vincere e giocar tutti. Non è semplice praticarlo ma è molto gratificante! Vincere come squadra ed essere tutti soddisfatti penso sia un esperienza ormai rara nel mondo dello sport ed in particolare in quello del calcio. Immaginate se fosse molto diffuso e condiviso questa modalità, un primo ed immediato risultato sarebbe quello di far affezionare molti più atleti ad un sport, in particolare per i più piccoli che si affaciano per la prima volta ad un torneo o campionato che sia.
RispondiEliminaCaro Luke, è proprio vero che non è facile conciliare competizione e partecipazione, a tutti i livelli, anche le super squadre di professionisti hanno questo problema. Bisogna puntare al successo nella singola partita/gara, quindi far giocare quelli più in forma, oppure puntare a far crescere e a dar fiducia a chi ha ancora necessità di fare esperienza, proprio grazie alla sfida? Io penso che la competizione funzioni come la verifica a scuola, permette cioé di imparare molto in fretta perché è il banco di prova, la situazione in cui devi dare il massimo. Tutti devono potervici accedere perché è una splendida occasione di crescita e per la squadra significa aumentare il capitale tecnico.
RispondiEliminaAllo stesso tempo negli sport di squadra la competizione significa condividere la responsabilità di una sconfitta o di una vittoria e tutti sono responsabili allo stesso modo, il campione, la recluta e l'allenatore. Ecco i problemi nascono lì, attorno alla responsabilità e al gap tecnico, perché le reclute, o i meno bravi, ovviamente hanno minor bagaglio tecnico ma in partita le stesse responsabilità, e siccome abbiamo detto che attraverso le sfide ci devono passare per crescere, allora la squadra deve compensare in qualche modo alle loro inevitabili mancanze, dovrà spendere di più, giocare meglio, avere maggiori attenzioni. L'allenatore a sua volta deve essere consapevole e preparare la squadra a questo sforzo, altrimenti rischia di soffocare di responsabilità, e in seguito di sensi di colpa, chi si affaccia timidamente alla ribalta delle competizioni.
Far crescere un giocatore è un'impresa di squadra, anche perché si fa per la squadra e non soltanto per il giocatore. L'allenatore è il garante di questa impresa...mi sembra un bel compito educativo.
Concordo molto con quanto hai scritto. Oggigiorno è difficile spostare l'attenzione da falsi valori quali quelli del vincere ad ogni costo ad altri non migliori per una questione di soggettività ma perchè funzionali ed utili alla crescita e miglioramento dell'individuo.
RispondiEliminaE' molti anni che faccio sport e nell'ultimo decennio mi son soffermato a riflettere. Su cosa? L'analogia dello sport con la vita, la fatica, il gruppo e l'individuo...possono sembrare luoghi comuni ma per me no. Che ne pensate di queste parole? Mi piacerebbe aprire un dibattito. Aspetto!