A pensarci bene definire la corsa uno sport è per lo meno riduttivo. Se osservi i bambini la corsa è addirittura la loro modalità preferita per spostarsi (a cui alternano soste infinite...), per gli adulti è il movimento di quando hanno molta fretta. Solo qualche millennio fa per i nostri antenati la corsa era funzionale alla caccia, quindi alla sopravvivenza, per alcune popolazioni tribali è tuttora così. Altro che sport.  
Eppure qualche secolo prima di Cristo, nell'antica Grecia, gli uomini pensarono di trasformare quel naturale e accellerato movimento di gambe in una gara e successivamente in uno spettacolo da stadio. Alle Olimpiadi la corsa, inizialmente quella veloce, poi quella lunga, iniziò a prendere le caratteristiche che conosciamo nell'atletica leggera: lo stadion era uno sprint di circa 200 metri, tutti rettilinei, con tanto di giudici di partenza e di arrivo.  
 Indubbiamente era la competizione più importante delle intere Olimpiadi, come d'altronde sono i 100 metri ai nostri giorni, ma all'epoca i giochi olimpici erano qualcosa di più di un evento sportivo, o commerciale: le gare erano un omaggio agli dei, quindi avevano carattere sacro e propiziatorio e il il grande atleta aveva qualcosa di divino. Bolt forse guadagna di più, ma non penso raggiunga quei livelli di considerazione!
Indubbiamente era la competizione più importante delle intere Olimpiadi, come d'altronde sono i 100 metri ai nostri giorni, ma all'epoca i giochi olimpici erano qualcosa di più di un evento sportivo, o commerciale: le gare erano un omaggio agli dei, quindi avevano carattere sacro e propiziatorio e il il grande atleta aveva qualcosa di divino. Bolt forse guadagna di più, ma non penso raggiunga quei livelli di considerazione! Veniamo ai giorni nostri per capire a cosa ci educa la corsa veloce nelle forme che ha preso nell'atletica leggera. Parto dalla mia esperienza di gare (tutt'altro che irresistibili) e allenamenti tra gli 8 e i 20 anni su distanze quali i 60, i 100, i 150, i 200 metri piani, di fatto anche i 400 metri: ti posizioni sui blocchi, attendi lo sparo, scatti, raggiungi la posizione eretta, spingi al massimo senza risparmiarti a fianco dei tuoi avversari facendo andare le gambe e coordinando le braccia, osservando con la coda dell'occhio la posizione degli altri per poi buttarti sul traguardo. Pochi secondi in cui sputar fuori tutte le energie. Non è una cosa a cui si è abituati, gli sforzi intensi non fanno parte della  nostra quotidianità, soprattutto se accanto c'è qualcuno che vuole fare meglio di te e magari lo fa. Si perché non c'è paragone tra il dare tutto e stare davanti, posizione che ti moltiplica le energie, e dare tutto, stare dietro e non recuperare un centimetro. Ne devi avere di fiducia in te stesso per non mollare in quei casi.
Veniamo ai giorni nostri per capire a cosa ci educa la corsa veloce nelle forme che ha preso nell'atletica leggera. Parto dalla mia esperienza di gare (tutt'altro che irresistibili) e allenamenti tra gli 8 e i 20 anni su distanze quali i 60, i 100, i 150, i 200 metri piani, di fatto anche i 400 metri: ti posizioni sui blocchi, attendi lo sparo, scatti, raggiungi la posizione eretta, spingi al massimo senza risparmiarti a fianco dei tuoi avversari facendo andare le gambe e coordinando le braccia, osservando con la coda dell'occhio la posizione degli altri per poi buttarti sul traguardo. Pochi secondi in cui sputar fuori tutte le energie. Non è una cosa a cui si è abituati, gli sforzi intensi non fanno parte della  nostra quotidianità, soprattutto se accanto c'è qualcuno che vuole fare meglio di te e magari lo fa. Si perché non c'è paragone tra il dare tutto e stare davanti, posizione che ti moltiplica le energie, e dare tutto, stare dietro e non recuperare un centimetro. Ne devi avere di fiducia in te stesso per non mollare in quei casi.
Non basta però dare tutto, trattenere il fiato, stringere i denti e far andare le gambe più veloce che puoi: questa è la corsa istintiva.  
La tecnica che impari in allenamento ti dice che non devi raggiungere immediatamente la posizione eretta, poi che devi spingere bene con i piedi, appoggiando il peso sulle punte, distendendo il più possibile la gamba e conducendo le braccia con regolarità lungo il corpo. Correre in questo modo è tutt'altro che istintivo, ti richiede di allungare il movimento dandoti la sensazione di perdere tempo. In realtà il movimento diventa più potente, ti richiede più energie, fisiche e mentali, e di fatto ti permette di andare più forte. I professionisti imparano anche, una volta assunto l'assetto corretto, a decontrarre collo e mascella, evidentemente (io non l'ho sperimentato) sanno che anche questo accorgimento permette di conservare la velocità.
Allungare i movimenti e decontrarre la muscolatura per essere più veloci: le corse brevi ti insegnano che la velocità non aumenta con la frenesia dei movimenti ma con lucidità, distensione e potenza. Ossia il contrario di quello che, nella quotidianità, facciamo quando siamo in ansia e cerchiamo di guadagnare tempo in modo convulso temendo di non farcela.
Un'ultima considerazione: ricordo di aver fatto le mie migliori partenze quando sono riuscito a rimanere rilassato e morbido il più a lungo possibile, per poi "esplodere" l'energia al momento dello sparo. La concentrazione mentale e la tensione del corpo vanno di pari passo quando con la prima riesci a garantire al corpo distensione, la contrazione toglie reattività. La mia è una riflessione empirica, proverò a trovarne conferma a livello scientifico, intanto sono ben accetti i pareri dei velocisti.
Mi viene quindi un altro parallelo tra corsa e quotidianità: siamo più pronti e reattivi a replicare o ad agganciarci agli altri, nelle conversazioni, quando siamo sicuri e tranquilli, siamo rallentati quando siamo più incerti e rigidi (anche nel corpo).
Un'ultima considerazione: ricordo di aver fatto le mie migliori partenze quando sono riuscito a rimanere rilassato e morbido il più a lungo possibile, per poi "esplodere" l'energia al momento dello sparo. La concentrazione mentale e la tensione del corpo vanno di pari passo quando con la prima riesci a garantire al corpo distensione, la contrazione toglie reattività. La mia è una riflessione empirica, proverò a trovarne conferma a livello scientifico, intanto sono ben accetti i pareri dei velocisti.
Mi viene quindi un altro parallelo tra corsa e quotidianità: siamo più pronti e reattivi a replicare o ad agganciarci agli altri, nelle conversazioni, quando siamo sicuri e tranquilli, siamo rallentati quando siamo più incerti e rigidi (anche nel corpo).

