Durante l'intervista Maurizio, allenatore di basket e minibasket del Basket Melzo, mi cita un dato interessante: "Ho osservato di recente la percentuale di presenze di ragazze e ragazzi della società (squadre tra gli 11 e i 18 anni) agli allenamenti, abbiamo più del 90%. Se i ragazzi vengono con questa continuità vuol dire che in palestra innanzi tutto stanno bene".
Ci mettiamo a discutere sul perché di questo "stare bene" in allenamento, diffuso tra le varie squadre maschili e femminili di varie età.
"Per quanto mi riguarda io dedico del tempo a ognuno di loro e uso modalità diverse a seconda dei soggetti. C'è quello a cui devi saltare in testa perché altrimenti non ti sta ad ascoltare, c'è quello che se gli stai troppo addosso si irrigidisce. Qualcuno, passato ad altri allenatori e poi uscito dal giro del basket, rincontrato ad anni di distanza mi ha detto che con gli altri non trovava stimoli perché non lo correggevano mai.
Io in allenamento dico sempre che non devono aver paura di sbagliare, anzi che devono sbagliare altrimenti non impareranno mai un movimento o un gesto nuovo".
Io in allenamento dico sempre che non devono aver paura di sbagliare, anzi che devono sbagliare altrimenti non impareranno mai un movimento o un gesto nuovo".
L'allenamento è il luogo del rischio, il rischio della figuraccia e della frustrazione, che però in allenamento sono più tollerabili, perché non ti fanno perdere la partita ma soprattutto perché c'è l'allenatore che dà un senso ai tuoi tentativi, che ti spiega la direzione verso cui orientare i tuoi sforzi (per esempio nel basket come alzare la parabola del tiro) e sottolinea quando ti stai avvicinando ad una buona esecuzione, che non è per forza una ed unica. Certo che se l'allenatore per qualsiasi motivo non c'è, il senso di quegli sforzi si perde per strada e con quello anche la motivazione.
"Io poi ho lasciato del tutto gli schemi. Qualche anno fa ho conosciuto un allenatore croato (o serbo?) che durante un corso per allenatori minibasket della federazione è venuto a portare la sua esperienza. Sono rimasto colpito dalla semplicità dei loro allenamenti e dalla totale assenza di schemi. Il rischio con gli schemi, parlo delle giovanili, è che si concentrino sul movimento assegnato e perdano la situazione che si verifica sul campo...
...Noi facciamo due allenamenti alla settimana, preferisco imparino poche cose ma bene.All'inizio perdiamo parecchie partite, ma a lungo termine vedo crescere giocatori completi."
Presenza attiva, semplicità e tempi lunghi...sembrano buoni riferimenti per un allenatore per avere gli allenamenti affollati e per far crescere i propri atleti. Certo, bisogna avere come obiettivo quello di far crescere i propri ragazzi, cosa che non sempre è la priorità delle società.
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