martedì

LA FATICA MAGGIORE? CRESCERE MENTRE GLI ALTRI TI STACCANO

La retorica probabilmente più diffusa legata al mondo dello sport, ma oserei dire anche al mondo aziendale soprattutto della vendita, è che si può andare oltre i propri limiti e che lo si può fare con un grande sforzo di volontà, credendoci. Ne risulta che gli atleti devono trovarla quella volontà e compito principale dei loro allenatori è stimolarli a tirarla fuori. Oppure indicargli due vie: quella dello sport amatoriale o quella del doping. Se vuoi stare sulla barca dello sport, quello vero, quello agonistico, devi avere le capacità, atletiche e caratteriali. "Se no fuori" come direbbe Briatore nel suo programma per imprenditori al top.

Quanto ci metteremo a uscire da questa cultura del successo che mescola volontà e droga, disprezzo della sconfitta e tripudio del talento naturale che pervade le società sportive (ma non solo ripeto) in Italia e altrove, producendo campioni stressati e masse di falliti? Non lo so, ma so cosa fa Roberto, da 40 anni allenatore di atletica di bambini e veterani su una pista in terra battuta che corre sotto la tangenziale di Milano. E so che va nella direzione opposta.


Roberto, passato da mezzofondista di buon livello oltre che di docente all'Isef, ha un grande rispetto dei limiti. Sa che sono dei punti di riferimento, ma anche che si può provare a superarli solo con il lavoro, continuo, nel tempo.

"Se uno vuole dei risultati deve mettere in conto qualche anno di allenamento continuo, e ciò nonostante può capitare che in gara, là dove si dà tutto, sulla pista e con le proprie sole energie, qualcuno di fatica ne faccia troppa. Allora è fondamentale recuperarlo quello sforzo, perché non scatti l'automatismo che gara=sofferenza", equivalenza che porta al disimpegno o all'abbandono.
A volte scatta il cambio di società "soprattutto se il genitore pensa che il ragazzino non sia stato allenato al meglio e nella disciplina più consona".


La questione è che è normale essere giù di forma o semplicemente "andar piano", la cosa importante è considerarsi all'interno di un processo, fatto di alti e bassi, in cui si può migliorare ma in cui nel frattempo si viene superati dagli altri. Crescere mentre gli altri ti staccano non è affatto facile ma è un'importante lezione che l'atletica offre, una conquista fondamentale da fare per non rimanere frustrati alle prime sconfitte. Se non si ha ben presente il principio che "per crescere non posso non perdere" è facile iniziare a inventarsi alibi di ogni sorta per sfuggire il confronto con gli altri a partire dall'allenamento. Fare grandi partenze in una gara di mezzofondo per poi ritirarsi oppure condurre un'intera distanza sottoritmo, oppure non partecipare del tutto alle gare. E' una cosa che ha che fare con la difficoltà a riconoscere ed accettare il proprio valore in quel momento, responsabilità che i ragazzi non accettano volentieri (e non solo loro). 

In uno sport individuale come l'atletica, ma caratteristiche simili ce le hanno anche il nuoto e lo sci, accettare il sorpasso e continuare a impegnarsi per migliorarsi, in gara come in allenamento, è probabilmente la prospettiva più importante, quella che permette di avere sempre nuove motivazioni proprio perché ci si vede in cammino. Ed è inevitabile, a differenza degli sport di squadra, sbattere contro personalmente agli insuccessi.


Insegnare questo, per un allenatore, è il motivo per cui vale la pena allenare non soltanto i possibili campioni ma ogni singolo ragazzetto. E' esercizio di consapevolezza e di responsabilità, è capacità di sdrammatizzare. E in questo Roberto era maestro.
 
p.s. Che Roberto abbia avuto a che fare anche con le mie paure adolescenziali di perdere è solo un dettaglio.

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